Mangia con le orecchie
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ow we lost our sensory connection with food and how to restore it è un articolo di Bee Wilson, pubblicato su The Guardian il 29 marzo 2022

Viene tradotto, rielaborato e proposto da Crafond in quattro parti, data la notevole lunghezza. Questa è la seconda parte

Come abbiamo perso la nostra connessione sensoriale con il cibo e come ripristinarla

Il nostro distacco sensoriale dal cibo è sia causa che conseguenza del fatto che molti di noi hanno diete povere di nutrienti.
Questo problema inizia presto.

Considerate gli alimenti commerciali per l’infanzia. Gran parte di questi viene venduta con imballi usa e getta, frutta e verdura in purea che nascondono i colori e le forme del cibo originale.
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I genitori privilegiano questo tipo di alimentazione, spesso acquistata nel reparto del biologico, perché è un modo conveniente per nutrire un bambino dentro e fuori casa.

Ma come ha evidenziato un rapporto del First Steps Nutrition Trust nel 2018, vasetti e buste non sono un buon primo approccio al cibo.

Ingurgitare il cibo direttamente dalla tasca alla bocca, – che sembra essere il modo in cui viene consumato, anche se i produttori consigliano di decantare il prodotto in una ciotola (chissà quale beneficio può esserci dal mangiare un omogeneizzato dal vasetto anziché dalla scodella. N.d.T.)-, i bambini non possono dire cosa stanno mangiando.
Perché è così importante? La dottoressa Helen Crawley, una nutrizionista della salute pubblica, ha notato che mangiare puree da un sacchetto o vasetto non aiuta i bambini ad abituarsi ai gusti e alla composizione fisica del cibo reale.
Il problema è che un sacchetto di carota dolce Gloop (o di rotelle di piselli Mellin. N.d.T.) non insegna a un infante né a riconoscere né ad assaporare le carote reali.

Mi sono reso conto, in prima persona, di quanto un distacco sensoriale dal cibo fresco è diventato normale quando ho iniziato a condurre sessioni di educazione al gusto con i bambini nelle scuole britanniche, qualche anno fa.

Sono uno dei fondatori di un’organizzazione chiamata TastEd – acronimo di Taste Education (educazione al gusto. N.d.T.)
Il programma, proposto da insegnanti di scuola materna e primaria in più di 160 scuole in Inghilterra, consiste in una serie di materiali didattici gratuiti progettati per aiutare i bambini a conoscere gli alimenti di base toccandoli, annusandoli, ascoltandoli e guardandoli e degustandoli.

Alcuni potrebbero sostenere che questo tipo di educazione alimentare sensoriale a scuola è superfluo. I bambini non imparano questa roba a casa? A quanto pare non lo fanno, o almeno non quanto succedeva in passato.
Alcuni genitori sono costretti a lavorare così distante da casa che difficilmente hanno la possibilità di condividere i pasti con i figli.
Molti altri hanno redditi così miseri che il cibo fresco può essere poco o affatto accessibile.
Per le famiglie di cultura occidentale, c’è un ulteriore problema culturale, relativo alla normalità di accedere solo a cibo acquistato al supermercato. Qualunque sia la ragione, il bambino medio ora sembra avere un’alfabetizzazione sensoriale del cibo molto limitata.

Nel 2010, lo show televisivo Jamie Oliver’s Food Revolution ha mostrato i bambini americani del West Virginia convinti che i pomodori fossero patate e che le melanzane fossero pere.
A quel tempo, ricordo di aver sentito persone che commentavano che l’ignoranza dei bambini era sintomatica del vivere in West Virginia. Guarda caso, ora troverete bambini in tutta la Gran Bretagna con una simile mancanza di conoscenza del cibo.

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Alcune estati fa, mentre stavo testando nuove lezioni, a Cambridge, era la stagione delle pesche e ho comprato alcune deliziose pesche piatte da condividere con una classe di bambini di quattro e cinque anni.
Un bimbo si chinò in avanti e disse: “Non ho mai toccato una pesca prima d’ora, ma ho avuto una medicina al gusto di pesca.”
Non aveva mai conosciuto la sensazione di pelle di pesca sulla mano o in bocca, o il rumore crocchiante di una pesca quando si morde. Questo fatto non era insolito.
L’estate successiva ho portato le pesche in un’altra classe. Una bambina di nove anni fissò la frutta e mi disse che era sorpresa che le pesche vere non assomigliassero alle emoji della pesca.

Da allora, abbiamo incontrato bambini di 10 anni che non hanno mai assaggiato una carota o un pomodoro crudo, e che non hanno idea di come ci si sente a tenere una cipolla o una patata in mano.

Ci sono bambini che potrebbero nominare ogni squadra di calcio in Premier League nell’ordine corretto, ma non sanno che le ciliegie hanno il nocciolo all’interno, perché non hanno mai visto nessuno mangiarne una, meno ancora loro stessi.
Gli insegnanti ci hanno parlato di bambini che hanno sentito l’odore di una foglia di menta fresca e l’unica cosa che ha ricordato loro era gomma da masticare e shampoo al profumo di menta.

Jason O’Rourke, preside della Washingborough Academy nel Lincolnshire e uno dei fondatori di TastEd, mi ha detto che quando ha chiesto da dove proviene il cibo, i bambini della sua scuola rispondevano “dal supermercato”. Ora dicono “dall’iPad della mamma”.
La profonda ignoranza che i bambini hanno riguardo al cibo è parte di qualcosa di molto più grande: un sistema alimentare globale in cui le catene di distribuzione sono così lunghe e impersonali che pochissimi di noi – adulti o bambini – hanno qualche legame con le persone che producono o allevano ciò che mangiamo.

La deprivazione sensoriale della vita moderna non è avvenuta tutta in una volta. Stiamo vivendo il punto finale di molti secoli di disimpegno sensoriale dal nostro cibo.

Anche se l’idea dei cinque sensi è quasi universale in tutte le società umane, ogni cultura ha i propri modi di concettualizzare le percezioni. Le culture in cui la conoscenza sensoriale del cibo – in particolare attraverso l’olfatto – è più vivida sono comunità di cacciatori-raccoglitori.

Quando la maggior parte degli umani erano cacciatori-raccoglitori, nessuno poteva permettersi di mangiare con i sensi spenti.

Era indispensabile fiutare la differenza tra una bacca amara, quindi potenzialmente tossica e una dolce, e riconoscere le orme della selvaggina.
Per i cacciatori-raccoglitori, i sensi erano la sopravvivenza.
Questi saperi divennero meno urgenti con l’adozione dell’agricoltura nel periodo neolitico.
Non tutte le persone nella comunità erano responsabili della raccolta o della caccia del proprio cibo, perché potevamo contare sugli agricoltori per fornire maggiori quantità di cibo con meno difficoltà.

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Gli antropologi hanno scoperto che man mano che le società si modernizzano, uno dei risultati più comuni è che il senso dell’olfatto diventa meno importante e il senso della vista lo diventa di più.

Asifa Majid, professore di psicologia presso l’Università di York e uno dei maggiori esperti di linguaggio olfattivo, ha detto che l’olfatto era considerato un “senso muto” rispetto alla vista perché gli anglofoni hanno molte meno parole per descrivere gli odori rispetto ai colori.

Ma il lavoro sul campo di Majid ha dimostrato che per alcune comunità di cacciatori-raccoglitori, gli odori possono essere nominati facilmente come i colori.
Tra la comunità nomade Seri in Messico, per esempio, le persone hanno parole diverse per distinguere tra l’odore specifico di foca, l’odore di fagioli avariati, l’odore di fagioli bruciati, l’odore del brodo di tartaruga marina e l’odore di miele rancido. Per i Seri, questo ricco repertorio è parte cruciale della vita di tutti i giorni.
Al contrario, qualcuno che vive a Londra o New York oggi potrebbe annusare l’odore di fagioli bruciati con la stessa intensità di un Seri, ma non avere la parola per indicare la puzza particolare. Si chiama “Yuck”, comunque.
Come scrive Majid: “In inglese, una puzza è una puzza.”
A volte canzoniamo i sommelier per descrivere il profumo di diversi vini in termini pretenziosi: “un bouquet di liquirizia” o “note di testa di uva spina”, ma le similitudini sono spesso l’unico modo in cui possiamo descrivere gli odori con precisione in inglese poiché il nostro vocabolario olfattivo è limitato.

Comunque, per molto tempo dopo il declino della società nomade, la selezione del cibo continuò a essere affidata ai sensi.

La storica Madeleine Ferrières ha descritto l’ordine in cui un acquirente usava i propri sensi quando acquistava cibo in un mercato alimentare medievale in Francia.
Il primo compito era quello di odorare, perché era risaputo che “tutto ciò che puzza, uccide”. Poi si passava all’osservazione, per confermare che il cibo era davvero fresco come sembrava. Il senso seguente era il tatto cioè prendere l’alimento nella mano per saggiare il peso e la qualità. Infine, un acquirente poteva assaggiare un po’ del cibo per determinare se il prodotto era davvero appetibile.

Nel codice civile francese, i consumatori avevano il diritto di toccare e assaggiare un campione del cibo prima di acquistarlo.

Fine seconda parte

Traduzione e rielaborazione di Romina Braggion